Pubblicato da AMERICA 24 e Il Sole 24 Ore

16 Maggio 2019 4R21
Scritto da Stefania Spatti

 

 

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Marco Glaviano Cindy Crawford (St Barth), 1991

Fino al 15 giugno 2019, le sue opere esposte alla Space Gallery St Barth di jazzisti in un libro ancora da pubblicare 

 

"Il mio lavoro più bello è questo". Marco Glaviano non indica una ventenne Paulina Porizkova, nuda, nascosta da grandi foglie verdi e umide. Non indica lo sguardo profondo di Claudia Schiffer o un bacio mandato dalle labbra di una giovanissima Cindy Crawford con gli occhi chiusi e un ciuffo ribelle di capelli sul viso. Sta per inaugurare la sua nuova mostra a New York. Ma non è alle opere esposte fino al 15 giugno prossimo alla Space Gallery St Barth/Soho a cui il famoso fotografo fa riferimento, ma a un libro mai pubblicato, sul quale ha iniziato a lavorare nel 1965. "Ne ho pubblicati 15 ma questo non ancora". Il contenuto? Ritratti di jazzisti. "La mia grande passione". 


Lʼamore per la musica è sbocciata quando, ventenne, frequentava i festival jazz dove suonava il vibrafono e fotografava. "
Ti faccio vedere una bozza, ce l'ho qui, in galleria". I ritratti vanno da John Coltrane a Nina Simone. Da Thad Jones a Quincy Jones. Da Dexter Gordon a B.B. King fino anche ai grandi italiani come Antonio Faraò e Paolo Fresu. "Queste sono foto importanti", dice con orgoglio sfogliando le pagine di un tomo che sembrerebbe pronto per la stampa. E guardando le pareti della galleria dove da lì a poco sarebbe stata inaugurata la sua mostra e riempita da suoi ammiratori, aggiunge: "Le fotografie del jazz sono per me più importanti di quelle scattate alle top model". 

 

Glaviano sostiene che per un libro del genere non ci sia mercato. "Se invece faccio un libro con le donne, tutti subito lo vogliono. E' ingiusto, però è così". Secondo lui, "il jazz è la musica più complessa, innovativa di sempre. E' la forma d'arte più importante inventata in America. Il problema è che non la ascoltano e le vendite di musica jazz nel mondo sono praticamente pari a zero.

Marco Glaviano Cindy Crawford (St Barth), 1991 e

 Bacio Cindy, 1991

Dimmi tu se è giusto. È difficile da veicolare ma io lo pubblicherò per la mia felicità e soddisfazione". Il libro non è ancora finito, ci spiega: "C'è qualcosina da togliere. Qualcosa da aggiungere. Penso che lo finirò entro lʼanno. Devo ancora fare una ventina di foto a importanti jazzisti che incontrerò presto". 


Unendo fotografia e jazz - "
le due cose che mi piacciono di più" - Glaviano guarda e pensa avanti. Come quando da amante della camera oscura ("meravigliosa, stupenda") aveva anticipato l'uso del digitale. "Feci un po' di guerre. Per esempio, ero consulente della Kodak e mi licenziarono. Avevo detto loro di smettere di investire sulla pellicola perché prima o poi sarebbe finita. Il Ceo di allora divenne rosso in faccia. Avevo paura che gli venisse un infarto. 'La pellicola è per sempre. Il digitale non succederà mai', disse. E infatti adesso sono falliti. Mi avessero ascoltato...". 
 

Marco Glaviano Paulina Porizkova e 477 Banane, 1986: Paulina Porizkova (New York), 1986 e

Paulina Porizkova e 32 Mickeys (Anguilla), 1987

Secondo Glaviano, un amante di storia, "non bisogna mai guardare indietro. Fermarsi al passato è controproducente, ma bisogna conoscerlo e studiarlo". In un'epoca di selfie e app di condivisione di immagini, lui giura che la fotografia, quella che ha sperimentato lui stesso, "sia finita. E' rinata in un altro modo. Forse più importante che mai. Si fanno fotografie con i telefonini, i social media hanno distrutto tutto, probabilmente creano altro ma quello che c'era prima lo hanno fatto a pezzi". Tra l'altro, continua, "non ci sono più delle modelle cosi belle", quelle che lui ha fotografato in tutte le pose e che sono finite su oltre 500 copertine di riviste come Vogue e Harperʼs Bazaar ma anche su calendari per cui la gente faceva la fila davanti alle librerie di New York pur di averne una copia.


Ricordando quelle bellissime modelle come Paulina Poritzkova - 50enne che senza ritocchi (non ne ha bisogno) sarà nell'edizione 2019 dello Swimsuit Issue di Sport Illustrated - Glaviano sbotta: "Siamo in un periodo in cui le influencer con un milione di followers su Instagram decidono ciò che è bello. Se queste sono le donne che oggi piacciono al pubblico, è finita. Però quando vedono quelle di prima, tutti dicono...'Ah! Che belle'. Le riconoscono ancora. Solo che non si può più fare questo. Non è che le belle donne non ci siano, ma non fanno le modelle. Forse adesso sono anche più belle di prima. Non sono più accettate nella moda perché le vogliono diverse. Le belle donne fanno altre cose. E fanno bene!". 


Glaviano precisa di parlare di bellezza da un punto di vista puramente estetico: "Una donna può essere bella e interessante in modi diversi e a qualunque età. Io parlo di persone che fotografavamo perché trasmettevano un messaggio secondo me universale", che piace a chiunque come un bel tramonto, un paesaggio, gli animali. Il tipo di bellezza a cui lui pensa, continua, "non l'ho inventato io. In qualunque museo che vai, da migliaia di anni, [le opere d'arte raffigurano individui] nudi e belli per i tempi. Quindi non capisco perché, all'improvviso, sia diventato un problema. Come il David di Michelangelo è lʼesempio della bellezza nella scultura italiana".


Parlando di bellezza universale, Glaviano ricorda un aneddoto. Inizio degli Anni '80. St.Barth, una piccola isola caraibica dalle spiagge bianche "dove per fortuna ho trascorso tanto tempo della mia vita. Il mio posto preferito al mondo. Stavo al ristorante con amici e modelle. Vedo entrare Paulina. Non potevo distogliere lo sguardo. Aveva 16 anni (era all'inizio della sua carriera, ndr), quando vedi una donna così rimani estasiato". 


E il MeToo? "Mi sembra una buona causa, le donne vanno rispettate e ammirate".


Dopo quattro mogli ("mi lasciavano sempre...sono stato sempre preso dal mio lavoro"), tre figlie ("tutte bravissime") e innumerevoli fotografie scattate, chiedo a Glaviano cosa prova a essere circondato da immagini simbolo della sua carriera. "Mi invidio", dice esplodendo in una risata. "Però mi viene anche da piangere. Ero giovane. Facevo tante cose. Ma non smetto mai di lavorare".


Lavorare è quello che consiglia di fare agli aspiranti fotografi. "Segreti non ce ne sono nella vita. Bisogna lavorare. Il talento ti porta avanti nella carriera ma se non ti impegni tanto non riesci ad arrivare alle mete che ti prefiggi". Ricordando di avere avuto la sua prima mostra dopo i 50 anni, consiglia di "non mettere il carro davanti ai buoi" altrimenti "manca la prospettiva, il senso e il valore delle cose". Di questo, e della sua carriera di successo, parlerà dal 24 al 28 luglio con il pubblico riunito a fine luglio a Pierrevert, in Provenza, dove sarà l'ospite d'onore di un festival annuale della fotografia chiamato ‘Les Nuits de Pierrevertʼ. Chissà che non si suoni anche jazz. 

 

Marco Glaviano è rappresentato dalla Space Gallery St Barth/Soho. 

Per ulteriori informazioni, scrivere a soho@spacestbarth.com

 o visitare il sito www.spacestbarth.com

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